Steve Jobs


Il design non è l’aspetto, è la funzione

Non credo che il mondo abbia capito Steve Jobs. Lo ha ammirato, questo sicuramente, quando ha reinventato il mondo dei cartoni animati creando Pixar, ed ha portato una Disney a zero idee fuori da un binario morto. Lo ha ammirato quando è tornato al galoppo come i cavalleggeri a salvare Apple, che stava affondando nel gorgo di una spirale negativa. L’ha salvata, cosa su cui nessuno avrebbe scommesso, e ne ha fatto un colosso di proporzioni inimmaginabili.
La filosofia delle aziende mette al centro il denaro. La filosofia di Steve Jobs mette al centro il prodotto. Sono due posizioni agli antipodi.
Steve voleva creare prodotti che cambiassero il mondo. Era un gigante fra i nani e perciò il suo orizzonte era più esteso: vedeva più in là. Si diceva che avesse la capacità di distorcere la realtà, di far vedere alle persone cose che non esistono. La realtà ha dimostrato che esistevano, ed erano gli altri ad essere miopi.
Per prima cosa, Steve Jobs vide il Computer Personale. Il suo amico Steve Wozniak lo aveva realizzato per dimostrare a sé stesso di esserne capace. Jobs lo vide e capì che cos’era: il futuro. Uno strumento per cambiare il mondo.

“I computer, ed il software a venire, rivoluzioneranno il modo in cui impariamo”

Sapeva anche come lo voleva: bello a vedersi, bello a funzionare, fuori e dentro.

“Il design non è l’aspetto, è la funzione”

Quando Steve vide lo schermo dello Xerox Star al Parc di Palo Alto, seppe anche quale sarebbe stato il futuro del computer: il Macintosh.
Steve faticava a capire le persone. Credeva che avrebbero visto il Macintosh come lo vedeva lui, e che lo avrebbero desiderato solo perché era il migliore dei computer possibili. Ci vollero John Sculley e Jean Louis Gassé per adattare la sua creazione alle esigenze del mercato: il Mac di Steve Jobs era avanti di una decade e mezzo, il tempo che lo separava dal successo dell’iMac, così come il NeXT era avanti del tempo che lo separava da Mac OS X.
Jobs vide l’iPod e capì come sarebbe stata la musica del duemila. Vide i bozzetti di Jonathan Ive, e capì come sarebbe stato il computer del duemila.
Il fine di Steve Jobs non è mai stato il guadagno. Il denaro serviva alla sua Apple ad esistere, per poter inventare, produrre e diffondere i computer. Ma il fine era creare il prodotto.

“Il nostro obiettivo è di creare i migliori prodotti del mondo, non essere i più grandi”

“Real artists ship” (I veri artisti realizzano).

Per ogni altro CEO del mondo, di allora e di oggi, il prodotto neanche esiste. Ad essere obiettivi, credo che neanche la controparte oscura di Steve, Bill Gates, puntasse al guadagno di per sé. Gates puntava a conquistare il mondo. E ci è riuscito: è diventato l’uomo più ricco del mondo, ed oggi si è fatto da parte e fa beneficienza. Anche Gates amava il Macintosh, ma non è mai stato in grado di vederlo con gli occhi di Steve: lo dimostra l’interfaccia irrimediabilmente kitsch di Windows. Bill non vedeva il futuro, ma sapeva cogliere un’occasione nel presente e non mollarla. Steve Jobs era un perfezionista, il suo prodotto doveva essere perfetto; a Gates, bastava un mercato.

“Microsoft aveva due obiettivi: copiare il Mac, e copiare Lotus. Ce l’hanno fatta. E ora sono completamente persi”

La candela di Jobs bruciava da entrambi i lati, e se ne è andato troppo presto, mentre aveva appena iniziato a plasmare il nostro futuro.

“La più preziosa risorsa che abbiamo è il tempo. Il tempo è limitato, non va sprecato. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, seguite il vostro intuito”.

Se ne è andato lasciando il lavoro di Apple a metà. E non credo che l’abbia lasciata nelle mani giuste. Ma un limite delle persone di grande personalità è di faticare ad accettare le altre grandi personalità.

“Cos’è Apple, alla fine? Apple è la gente che pensa fuori dagli schemi, la gente che vuole usare i computer per aiutare a cambiare il mondo, creare cose che facciano la differenza, non semplicemente fare il proprio lavoro”

Il mondo ha ammirato Jobs, ma non lo ha capito. E oggi lo ha già dimenticato. I ragazzi credono che Steve fosse un inventore. Non lo era, Steve era un visionario, una categoria rara.

“La creatività è connettere le cose. Quando chiedi alle persone creative come hanno realizzato qualche cosa, si sentono un po’ in colpa perché non l’hanno fatto veramente. L’hanno visto. Sono stati capaci di mettere assieme le esperienze che hanno avuto per sintetizzare cose nuove”.

Di questi giorni, non vedo in giro prodotti belli, curati, rivoluzionari. Non vedo prodotti emozionanti, come lo erano il Macintosh, (ma anche gli aeroplani, le automobili, il treno, l’illuminazione). Quando accendo una TV e prendo in mano un telecomando, utilizzo un software, metto in moto un’automobile, attivo un navigatore, vedo imperfezioni, approssimazione, limiti, compromessi.

“La ragione per cui Apple è capace di creare prodotti come l’iPad è perché abbiamo sempre cercato di essere l’intersezione fra la tecnologia e l’arte”

In questo inizio di XXI secolo nessuno sembra più voler cambiare il mondo. Per ora non ci sono Beatles, Martin Luther King, Picasso, Carlo Marx, Einstein, Napoleone, Galileo, Leonardo Da Vinci.
Non sento di utopie e visioni. Vedo avidità. “Everyone wants to be the man at the top” cantava il Boss.
Mi guardo intorno e non vedo eredi di Steve Jobs. Ma sono un ottimista, e so che sognare e progredire è nella natura umana. Non sono riusciti a frenarla mille anni di medioevo, non riuscirà a frenarla la civiltà del dollaro e della finanza. Lì fuori ci sono i giovani.

“Sono un ottimista, nel senso che credo che le persone siano nobili e onorevoli, e alcuni sono davvero in gamba. Ho una visione molto ottimistica degli individui”

N.B.: le citazioni, ovviamente, sono di Steve Jobs

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